L’arte di trasmettere è un libro scritto da Nathalie Sarthou-Lajus, filosofa, che dopo aver insegnato nei licei francesi, dal 2007 è vice-direttrice della rivista di spiritualità e cultura Etùdes, curata dai Gesuiti di Francia. È stato pubblicato nel 2018 dalla casa editrice Qiqajon. L’autrice afferma che «il gesto di trasmettere mette in gioco una relazione di fiducia che decide del senso e del valore di ciò che viene trasmesso, quali che siano le nostre capacità o la nostra forza». È la qualità di questa relazione che ci fa scoprire se questo passaggio è portatore di vita o di morte. La trasmissione è un’arte che non ha bisogno di maestri che si sostituiscono alle scelte altrui, ma ha bisogno di persone che si mettono accanto con lo sguardo fiducioso di chi lascia passare il messaggio trasmesso e poi si ritira, per far sì che questo messaggio agisca in colui che lo riceve liberamente. Questo ci fa comprendere che «la trasmissione è allora fluida, mobile, viva come un passaggio», essa non ci mette in una condizione di debito nei confronti di colui che trasmette ma ci fa riscoprire nella posizione di chi dà e trasmette a sua volta. L’arte di trasmettere ci libera dalla tentazione del dominio e ci fa riscoprire testimoni di un passaggio che ci insegna a morire «perché altri nascano e vivano». Successivamente l’autrice analizza due atteggiamenti della trasmissione attraverso cui passa la civiltà: «cucinare e raccontare», due atti attraverso cui passa la celebrazione della vita che vengono espressi molto bene nell’ultima cena di Gesù: «rendere grazie, dividere, dare e dire». La convivialità non è solamente un divorare il cibo per la sussistenza personale, ma diviene un’occasione in cui si condivide la vita gratuitamente. Solo in questa logica di gratuità, possiamo entrare a far parte di questo circolo vitale che è la trasmissione senza rimanere passivi dinanzi a questo processo che ci invita a riappropriarci di questa catena di cui facciamo parte come trasmettitori creativi.